Invito

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  1. Lupin333
     
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    Marco, non intendevo dire che la misura in sé non è importante. Non lo è più "solo" con il mio procedere, non era mia intenzione sovvertire le uniche certezze note. Comunque tento di spiegare: mi riferivo sempre ai settori. La misura è importantissima all'inizio, cioè al punto di correzione, poiché è da li che si innescano i rapporti utili. Ad esempio quando introduciamo l’osservazione di un numero come fattore di correzione per determinare la velocità di rotazione e punto conseguente [supponiamo essere la posizione dello zero al terzo giro] in realtà stiamo compiendo un’operazione che assume valore specifico se ci riferiamo a numeri pieni, in funzione di un numero pieno da utilizzare poi come centro pronostico. Io invece sono solito osservare il settore che transita nello stesso punto del lancio [solo così si può assecondare il più possibile ed interpretare la velocità differente impressa al piatto]. E c’è una cosa da considerare. La velocità fra lancio e lancio è simile. Cosa intendo?

    Che nei primi tre giri la sommatoria delle due velocità contrarie è tale da raggiungere e mantenere uno status ottimale pressoché in ogni lancio. Questo è l'unico appuntamento fisso e imprescindibile che abbiamo per fare deduzioni, perché oltre a rappresentare il limite temporale prima del rien, dopo un pò di pratica fa capire la direzione che prenderà il lancio. Entro i primi tre giri di ogni lancio non abbiamo una differenza così marcata se ci riferiamo ad ampiezze composte da settori e ad uno stesso Croupier. Nel mio caso il fatto di utilizzare proprio settori come unità di controllo, porta a stabilire quasi sempre uno spostamento [rispetto ai lanci precedenti] di uno o due settori al massimo per lancio con quel Croupier. Aumenta la qualità dell'osservazione, perché si riesce a vedere meglio la posizione della pallina durante il suo transito, ossia stabilire se nel punto considerato si trova verso il centro o verso uno degli estremi [ci sono lanci in cui si potrebbe fare a meno di misurare..ma è solo una curiosità].

    Dei primi 6-9 lanci, sto a un lancio tipo, generico. E' quel lancio fra questi che ha avuto un evolversi più lineare possibile dopo lo stacco, per tutte le variabili che precedono il numero finale. La conformazione di questa linearità [in termini di sequenza settori] è quel parametro che mi permette di stabilire un confronto tra diversi tipi di rotolamento dopo lo stacco. Di questo lancio tipo tengo come base di raffronto la dinamica della pallina nei tre primi giri nel punto di correzione [posizione nel settore] e la utilizzo come parametro di riferimento per i successivi punti di caduta. Di li in poi, se ad esempio al terzo giro nel punto di correzione ottengo due settori in più rispetto al lancio tipo, significa che al piatto è stata impressa più spinta; allora nella maggior parte dei casi riesco a mettere in relazione questi due settori con quanto accadrà a fine corsa, proprio tenendo conto di questa maggiorazione. L’esito del lancio [se l’entità della caduta e dei rotolamenti rispettano almeno a grandi linee il lancio-tipo] mi darà un rapporto inequivocabile circa la zona di caduta. Quando introdussi i settori come unità di controllo, la bontà di queste osservazioni venne fuori da sé, ed ecco perché dico che per me è inutile sapere poi se la pallina avrà compiuto 10 giri o 13 o 50.

    Per me conta la sommatoria nei primi giri del lancio, perché le differenze che ottengo nel settore generico di osservazione servono proprio a stabilire le differenze fra lancio e lancio. Infatti la sommatoria delle due velocità contrarie nei primi frangenti del lancio, mostra in realtà anche il rapporto reale velocità pallina-velocità piatto. Per semplificare: se al terzo giro di un lancio ottengo un giro e due settori di rotazione del piatto, mentre il lancio tipo ne conteneva uno, significa che al piatto è stata impressa una spinta maggiore, quel tanto che bastava a spostarlo di 90° rispetto al punto stabilito. Non è questione di pallina. Infatti questa, essendo relegata ad un tempo e ad un punto precisi, fissi, mostra di contro la reale differenza che assume il piatto nei diversi lanci rispetto ad essa. Per cui la nuova posizione del piatto è relativa alla velocità assunta dalla pallina nell'istante e nel punto considerati.

    Chi gioca tenendo come punto di correzione un numero singolo, si trova poi a dover considerare punti diversi ogni volta, per cui diviene basilare la distanza esatta [o almeno tentare]. Ma per me che non gioco in gruppo, non è più possibile considerare un numero singolo. Tutto il mio impianto si basa sul fatto che la ripetitività di un Croupier [parola che non mi piace...sarebbe più giusto parlare di rapporti] deve essere circoscritta entro un margine accettabile di errore. Però questo margine deve riguardare ogni momento del lancio, ed ogni momento deve essere ben circoscritto, altrimenti in ogni passaggio perdiamo qualcosa [anche in termini di classificazione post gioco].


    X Costanzo,
    Diciamo che la previsione dopo il lancio è quella che aiuta a stabilire dove andrà a cadere la pallina, se l’evolversi degli eventi segue un andamento previsto, ossia se rispetta i parametri imposti. Questo è il lancio classico, ovviamente è l’approccio da preferire. Invece quello della «stessa modalità involontaria» con cui un Croupier lancia la boule non ci accomuna. Che sia "cosciente" o meno del lancio che intende fare è relativo. Una volta lanciata la boule infatti, serve solo che consenta il lancio dopo i primi 3-4 giri. Ma a lancio avvenuto sia tu, che io, che lui, siamo esattamente in balia degli stessi eventi per così dire, sulla stessa barca.


    Saluti,
    Lupin.
     
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  2. costanzo
     
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    ho trovato questo scritto.
    a me sembra molto interessante, se non altro fa un pò di chiarezza sull'argomento e sopratutto su alcuni personaggi.
    chi ha il coraggio di affrontare la lettura?

    Per Claude Shannon (1916-2001), il surrealista


    Piccola rassegna di pubblicazioni che trattano dello sviluppo delle scienze della complessità. L'azione si svolge in tre atti: cibernetica, principio di autorganizzazione, leggi del caos. Il cast include protagonisti famosi e altri che dovrebbero esserlo, variamente impegnati con la ricerca matematica, gli affari e i casinò, pur di falsificare popperianamente la seconda legge della termodinamica e quella di Stéphane Mallarmé: Jamais un coup de dés n'abolira le hasard.

    Se ci fosse stato un mercato azionario per le teorie scientifiche, per un certo periodo avremmo puntato volentieri i nostri (virtuali) fondi pensionistici sui produttori di complessità: erano “bullish”, come dicono in inglese. Fra i più combattivi, c’era il fisico Murray Gell-Mann, detto MGM per l’arroganza hollywoodiana, con il suo Istituto di Santa Fe per lo Studio della Complessità in un delizioso ex convento in adobe su una collina nell’aria sana del New Mexico. C’era il chimico Ilya Prigogine che si occupava di strutture dissipative ma voleva dissiparle sebbene radicarle, e anche meglio se in un centro studi altrettanto accogliente di quello fondato dal rivale MGM. E parecchi torelli aggressivi come giovani Miura. Una sana concorrenza: la pensione era assicurata. C’erano metafore e innovazioni gergali fatte apposta per sedurre la giornalista, e i “giochi linguistici” à la Wittgenstein di cui parla Hilary Putnam in questo numero di “Kéiron”. Da un punto di vista terra terra, accadeva alla complessità degli anni Novanta quello che era accaduto alla relatività di Einstein negli anni Trenta: la parola circolava in ogni contesto a significare che tutto era complicato. Gli studiosi miravano molto in alto, come spiega Pietro Greco in Evoluzioni: dal Big Bang a Wall Street, la sintesi impossibile (Napoli, Cuen, 1999), miravano a una teoria del tutto, a un modello di predizione valido per qualunque cosa: dal succedersi delle specie all’andamento del Dow Jones. Meno critiche di Greco, eravamo felici che un contendente si presentasse a sfidare il riduzionismo, imperante dalle stelle ai mitocondri da quando era stata identificata la doppia elica del Dna.
    A essere sincere, la complessità aveva già fatto capolino nel dopoguerra sotto il nome di cibernetica. I nomi e le opere dei padri, i matematici John von Neumann e Norbert Wiener, sono noti, ma ce n’era un terzo, Claude Shannon l’ingegnere. Nel 1936, aveva pubblicato A Symbolic Analysis of Relay and Swit-ching Circuits, “una delle tesi di laurea più importanti che sia mai stata scritta”, stando allo storico della scienza H. H. Goldstine, “una pietra miliare che ha fatto passare la progettazione dei circuiti integrati da un’arte a una scienza” (nota per i lettori di cultura umanistica: Goldstine intende questa affermazione come un complimento). Su quella pietra, la tecnologia costruisce tuttora chip, satelliti o telefonini, e la matematica costruisce tuttora il calcolo quantistico o la crittografia.
    Nella tesi di dottorato del 1941, Shannon aveva poi proposto una teoria matematica della genetica che nessuno capì. Quando venne pubblicata nel 1993, quelli che con fatica ne avevano elaborato intanto pezzi e bocconi per affrontare la bioinformatizzazione della genomica, della proteomica o della glicomica, ci ritrovarono le proprie idee ma in bell’ordine. Diversamente da Von Neumann e Wiener, Shannon era anche un inventore. All’epoca in cui nasceva il computer ENIAC - per Electronical Numerical Integrator And Calculator, integratore e calcolatore numerico elettronico -, lui dimostrava giulivo agli amici il funzionamento del THROBAC. L’acronimo stava per THrifty ROman numeral BAckward-looking Computer, e infatti l’oggetto era una calcolatore al risparmio, a base di numeri romani, capace di fare le quattro operazioni. Giocava anche sul senso della parola inglese throwback: passo indietro, regressione. Su Nature del 12 aprile scorso, Robert Calderbank e Neil Sloane scrivono che Shannon era un patito del bricolage surreale: “Il suo studio di Winchester, nel Massachusetts, era zeppo di congegni analoghi [al THROBAC], compreso un topolino meccanico che trovava da solo la strada per uscire dai labirinti e una miracolosa macchina-giocoliere. Da una catena rotante al soffitto, come quelle usate per la pulitura a secco, svolazzavano le toghe ottenute insieme a una ventina di dottorati honoris causa. Erano uno spettacolo”. Negli anni Cinquanta, Shannon univa fisica e informatica nel tentativo di dare un nuovo senso alla parola entropia: l’aveva mutuata dalla meccanica statistica ottocentesca, per designare la quantità di informazione contenuta in una fonte di bit.

    Does the flap of a butterfly’s wings in Brazil set off a tornado in Texas?

    L’entropia è la protagonista del secondo atto della complessità. Sono gli anni Sessanta. La cibernetica in voga sta per essere soppiantata dalla termodinamica del non equilibrio di Lars Orsanger (Nobel 1968), al quale Ilya Prigogine (Nobel 1977) aggiunse le strutture dissipative di cui sopra. I due avevano la pretesa di invalidare la seconda legge della termodinamica per la quale l’entropia, o stato di disordine di un sistema - ripiano della scrivania o universo fa lo stesso - tende ad aumentare: volevano completarla e contraddirla con il principio di autorganizzazione. Il quale viene falsificato ogni giorno dal ripiano della scrivania (per l’universo non sapremmo, ma se tanto ci dà tanto…), eppure “contribuì alla creazione di un clima culturale culminato, verso la metà degli anni Ottanta, nell’esplicita ricerca del secondo principio della complessità”, scrive Pietro Greco. Stava per sorgere il sol dell’avvenire: la teoria del caos.
    Ad annunciare l’alba fu il volo di una farfalla. Anche questa proveniva dall’Ottocento, discendeva dalle equazioni differenziali a derivate parziali di Sonja Kovalevskaja, poi affinate da Andrej Kolmogorov in un capolavoro del 1933, Fonda-menti della teoria della pro-babilità. I fondamenti in questione dovevano molto anche ai lavori di Henri Poincaré a cavallo del Novecento, poi tornati d’attualità scientifica dal 1968, grazie all’interesse del fisico Jean-Marc Lévy-Leblond (cf. in Aux Contraires, Parigi, Gallimard, 1996, il capitolo “Déterminaté/Aléatoire”). La farfalla comparve nel titolo dell’intervento di Edward Lorenz a un convegno dell’American Association for the Advance-ment of Science tenutosi a Austin, Texas, nel 1972. Meteorologo per conto dell’aeronautica militare durante la seconda guerra mondiale, Lorenz aveva chiaro almeno quanto i suoi superiori che le sue previsioni settimanali diventavano sempre meno azzeccate con il passare dei giorni. Tornato alla vita civile, si accorse che bastavano minuscoli cambiamenti nelle condizioni iniziali trascritte nelle sue equazioni, perché il bel tempo stabile si trasformasse in burrasca. Perfino sistemi più semplici del clima, più controllati e deterministici del ripiano di una scrivania, per esempio una tazzina di caffè o una ruota idraulica, tendevano presto a comportarsi in maniera imprevedibile, o caotica. Ma nel caso della ruota o della tazzina, era possibile prevedere in quale punto dello spazio e del tempo l’acqua o il caffè si sarebbero imbizzarriti: bastava sviluppare i moti iniziali su una curva tridimensionale, l’“attrattore di Lorenz”. Ad Austin, Lorenz era andato a mostrare alcune applicazioni del suo attrattore, e a Philip Merilees, l’organizzatore del convegno, aveva spedito in anticipo il sunto del proprio intervento con un titolo in cui batteva le ali un gabbiano. Però la figura disegnata dall’attrattore somigliava a una farfalla e, per coerenza, sul programma Merilees fece stampare: “Predictability: Does the flap of a butterfly’s wings in Brazil set off a tornado in Texas?”. Per quindici anni il lepidottero non si avventurò fuori dal campo scientifico. Ma dopo la sua divulgazione in Caos di James Gleick (1987; Milano, Rizzoli, 1989) invase ogni tipo di mass media, da Jurassic Park a Scientific American, combinando tempeste, cicloni e uragani in tutto il mondo. Per gli interessati, in La vasca di Archimede (Milano, Raffaello Cortina, 1998), Sven Ortoli e Nicolas Witkowski hanno compilato una tabella che incolonna “Habitat della farfalla” e “Sito della catastrofe” accanto a una cinquantina di fonti inglesi, americane e francesi.

    La “Cricca del Caos” sbanca Las Vegas

    Cambio di scena. All’inizio degli anni Settanta, Doyne Farmer e Norman Packard sono studenti squattrinati dell’Università della California a Santa Cruz. Da bambini a Silver City, nel Colorado, appartenevano a uno stesso gruppo di boyscout dedicato alla scienza, e passavano i weekend a sviscerare vecchie radio. Da ragazzi, il loro mito è Shannon, il quale aveva costruito insieme al matematico Edward Thorp un piccolo calcolatore analogico corredato di radiotrasmittente non più grande di un pacchetto di sigarette con il quale sconfiggere l’azzardo nei giochi d’azzardo. Purtroppo i circuiti erano inaffidabili e l’apparecchio acustico usato per la radiotrasmittente emetteva fischi troppo indiscreti. Farmer e Packard ci provano di nuovo con Jim Crutchfield, fidando nei recenti progressi delle tecnologie digitali. I tre, detti la “Cricca del Caos”, comprano una roulette, filmano migliaia di lanci della pallina scomponendone il percorso con luci stroboscopiche e celle fotoelettriche. Analizzano i dati con il computer dell’università e scoprono che partendo da una descrizione accurata del moto iniziale della pallina, è possibile prevedere con una probabilità assai superiore al cinquanta per cento in quale ottante della roulette andrà a finire.
    Inventano i necessari algoritmi e li usano per programmare minicomputer che Farmer e Packard si sistemano nelle scarpe. Un pulsante azionato dall’alluce invia segnali captati da solenoidi nelle suole di quello che sta seduto al banco della roulette. I solenoidi vibrano con combinazioni di tre frequenze diverse - bassa, media, alta - in base all’ottante sul quale puntare. Ci vogliono mesi per risolvere i problemi di software e anche per trovare il modo di schermare le scarpe, perché il campo elettromagnetico dovuto alle luminarie di Las Vegas interferisce con la ricezione dei segnali. Alla fine funziona. Così bene che una sera, alcune guardie li aspettano all’uscita e danno loro una dimostrazione “dell’effetto maschio nerboruto” come lo definì poi Crutchfield. Nonostante avessero deciso di non strafare, la fortuna di Farmer e Packard aveva insospettito gli statistici che lavoravano per i casinò. Un’ordinanza del Comune vietò l’uso dei computer in tutte le sale da gioco di Las Vegas.
    La notizia di quel successo fece il giro dei campus della California, e lo studio del caos deterministico decollò, con annessi simposi e atti. Murray Gell-Mann, che non aveva mai scritto altro che formule, scrisse Il quark e il giaguaro (Torino, Bollati Boringhieri, 1996) per erudire il vulgum pecus sulla “rivoluzione concettuale del secolo”, con molti quark e nemmeno un giaguaro in quasi 600 pagine. Gli costò “una fatica immane, gli anni peggiori della mia vita” al punto che, per non ripetere l’esperienza, rinunciò a scrivere l’autobiografia per la quale l’agente letterario John Brockman gli aveva promesso un anticipo di un milione di dollari.

    Ma il ripiano della scrivania continua a riflettere la seconda legge

    I saggi spuntavano come funghi ma le leggi universali della complessità non parevano dare gran esiti. Non che si pretendessero applicazioni immediate, ma alla domanda di Lorenz “Does the flap of a butterfly’s wings in Brazil set off a tornado in Texas?”, la risposta restava sempre “forse”. Le configurazioni regolari che teoricamente sottostavano a tutti i fenomeni naturali tardavano ad apparire e il ripiano della scrivania continuava imperterrito a riflettere la seconda legge.
    Il medico, biologo, matematico, informatico e businessman Stuart Kauffman era riuscito a fare evolvere nel computer automi retti da funzioni booleane ma “intelligenti” più o meno come amebe. Con poche eccezioni, la complessità è troppo dipendente dall’informatica per dare risultati in biologia, sostiene il genetista Richard Lewontin nel finale dell’edizione americana di Geni, organismo e ambiente (Cambridge, Mass., Harvard University Press, 2001; ed. italiana Laterza-Sigma-Tau, 1999). E in cosmologia, non rende ancora conto della struttura dell’universo, sostiene l’astronomo inglese Martin Rees in Cosmos, Our Habitat (in pubblicazione da Princeton University Press). Semplicemente, dicono entrambi, l’organismo e l’universo sono troppo complicati perché i modelli di Santa Fe aiutino a delinearne passato, presente e futuro. Martin Rees, persona spiritosa, ha scelto un titolo che fa il verso a quello del libro di Stuart Kauffman, A casa nell’universo (Roma, Editori Riuniti, 2001). Richard Lewontin, altrettanto spiritoso, raccomanda agli amici che vogliono conoscere le ultime teorie sullo sviluppo degli organismi di leggere Crescita e forma di D’Arcy Wentworth Thompson, la cui prima edizione risale al 1917, e quella aggiornata al 1942 (appena ristampata da Bollati Boringhieri).

    Il Caos imprenditoriale

    Le leggi del caos e della complessità di cui Kauffman scrive con tanta eloquenza gli serviranno almeno nella sua attività di imprenditore? Kauffman ha infatti fondato e dirige BiosGroup, una società di consulenza. Mentre era di passaggio a Milano in marzo, ci spiegava che BiosGroup aveva aiutato la Procter & Gamble a rendere “più fluida, snella ed efficace” la distribuzione dei suoi prodotti, riorganizzando i magazzini centrali, la maniera di caricare i camion e di rifornire grossisti e dettaglianti. Così abbiamo saputo che la Procter & Gamble opera oggi con un modello basato sui flussi laminari: la distribuzione dovrebbe scorrere come un fiume tranquillo, senza gli intralci di gorghi e ingorghi. Siamo state costrette a dedurne che la multinazionale risparmia sugli spostamenti di shampoo, saponette e dentifrici grazie all’idrodinamica delle turbolenze, il cui studio non risale esattamente a Leonardo da Vinci ma quasi.
    In coincidenza con il libro e la visita in Italia di Kauffman, è uscito Sbancare Wall Street di Thomas Bass (Milano, Feltrinelli, 2001), l’autore che aveva narrato le avventure della “Cricca del Caos” a Las Vegas nel romanzo The Eudaemonic Pie. Nel secondo volume della saga, Farmer e Packard fondano con un po’ di amici la Prediction Com-pany di Santa Fe, e fanno “fortuna in Borsa applicando la teoria del caos”. Siamo grate a Bass di averci chiarito lo scopo degli scienziati della complessità. Era già quello di Fermat, di almeno due dei Bernoulli, del marchese di Laplace, di Ada Byron contessa Lovelace, Henri Poincaré, Claude Shannon e Henry Thorp: vincere al gioco, non per diventare ricchi ma per sconfiggere il caso. Se no, invece di lavorare giorno e notte per anni con attrattori strani, numeri di Zipff, algoritmi genetici e altre diavolerie matematiche, Farmer e Packard avrebbero fatto La grande rapina al treno.
    La mente brillante ormai ottenebrata dall’Alzheimer, Claude Shannon è morto povero, il 24 febbraio scorso, a 84 anni.

     
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  3. etabeta
     
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    bello!

    anche oggi abbiamo imparato qualchecosa di nuovo.

    grazie costanzo
     
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  4. cuervo
     
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    Eta ha ragione: anche oggi si è imparato qualcosa
    grazie a Costanzo.
    E grazie anche a Lupin!

    Saluti
     
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  5. Trevix
     
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    Eh si', molto interessante. Grazie Costanzo.

    Volevo aggiungere una considerazione (perdonatemi). Sempre inerente quello che ho gia' scritto.

    Ammettiamo, come penso io, che sia impossibile stabilire con metodi fisici (senza ausili elettronici, etc) dove atterrera' la pallina (intendo anche un settore di 22-25 numeri).

    Ammettiamo anche che l'evento uscita di un numero sia fenomeno non perfettamente casuale perche', per es.:

    1- La ruota gira a velocita' simili nei vari lanci (divisa nei lanci dx e sx)
    2- L'impiegato tendera' a lanciare la pallina con forze simili vista la natura meccanica del gesto (divisa in lanci dx e sx).
    3- La pallina quasi sempre viene lanciata in prossimita' del numero precedentemente uscito.
    4- La ruota potrebbe non essere perfetta e quindi i risultati che ne derivano sono tipici per quella ruota e per quel impiegato
    5- Altri fattori "umani" piu' "casuali" quali affollamento del tavolo, presenza di grossi giocatori, capotavolo che suggerisce di tirare con piu' o meno forza, etc... (fattori ad ampia variabilita', quindi ma captabili con facilita' da noi giocatori).

    Sembrerebbe, d'altro canto, che il fattore casuale piu' incidente (supposizioni, per carita') siano i diamanti e i "salti" che la pallina effettua se rimbalza sullo spigolo di una casella, prolungandone quindi (o invertendone) la direzione.

    Ma questi ultimi dovrebbero essere per forza tendenti ad annullarsi, alla lunga. Visto appunto che sono molto casuali ( e anche se tendessero a restare in scarto cio' potrebbe essere sfruttabile).

    Allora:

    Facendo solo uno studio catalogativo dei numeri usciti sapendo che:
    A- tira sempre uno stesso impiegato
    B- lo stesso adotta forze omogenee (non e' nervoso, e' anziano, e' stanco, etc, etc)
    C- i fattori veramente casuali alla lunga si equilibrano

    riusciremo ad avere un vantaggio statisticamente significativo catalogando le uscite sapendo il punto esatto della partenza della pallina e il numero uscito? (Ovviamente scarteremo i lanci anomali)

    In pratica la mia ipotesi e': se nelle uscite numeriche gli andamenti assumono delle caratteristiche, queste possono risultare superiori se prendiamo in esame anche la costante dello stesso impiegato e punto di partenza della pallina rigidamente calcolato?

    Grazie per le risposte

    Ciaoo

    Trevix
     
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  6. Marco1
     
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    Lupin, grazie per la risposta , penso che dovrò rileggererla più volte per comprendere bene.

    Trevix, non è sfruttabile la fisica prima del lancio, è già stato tentato in tutte le salse, ricadi in un gioco sui settori totalmente casuale. La casella in cui si ferma il lancio precedente non ha nulla a che vedere con la casella che transita sotto la pallina al momento del lancio e che determina di fatto il punto di partenza per la distenza effettiva.

    Ma il punto è anche un’altro, nelle mie prove, e anche visionando dei filmati di altri ( anni fa avevo una cassetta vhs con centinaia di lanci con una roulette americana), e rilevando l’esatto numero che transita al momento del lancio, non ha nulla di sfruttabile neanche la distanza reale, perchè diviene di circa 18,5 spazi medi come in un gioco casuale.

    Anche nei casi in cui il lancio del croupier si ripete con la stessa esatta forza, ammettiamo (fantascienza) che lanci sempre con 12 giri esatti e che il corridoio di discesa sia sempre il solito, occorre che anche la velocità del piatto sia sempre esattamente la solita, e basta una leggera differenza rispetto al tiro precedente per avere un risultato incontrollabile. Le due velocità sono in opposizione, per cui si sommano, diventa macroscopica anche una piccola differenza di forza perchè è in sommatoria, sarebbe come un auto che invece di battere in un’altra auto ferma, si scontrasse con un’altra che procede in senso opposto, le due velocità si sommano.

    E’ il rotore il punto debole. Basta lanciare a rotore fermo per rendersene conto, e allora si che tutte le volte che il lancio si ripete con lo stesso numero di giri anche il risultato è prevedibile.

    Personalmente ( alle mie conoscenze attuali) resto fermo allo studio Thorp-Shannon e alle loro conclusioni finali (1/100 di secondo di precisione richiesta), anche se passare dai 5 numeri di Thorp ai 21 di Konrad, probabilmente si può ammettere anche un peggioramento di precisione nella misura di partenza, ma la misura non può essere eliminata da medie e osservazioni precedenti, si rinnova in ogni lancio.

    Occorrerebbe che la somma della deviazione standard dei giri pallina considerata dal punto di partenza sullo statore al momento della discesa, più la deviazione standard del numero dei giri del rotore considerati dalla casella del numero che transita sotto al punto e nel momento del lancio fino al numero che transita nel momento di inizio del corridoio di discesa della pallina, più la deviazione standard del numero di caselle che intercorrono nel tratto di discesa della pallina e l’atterraggio ( fattore che tiene conto dell’urto sui diamanti e lo spostamento della pallina con l’urto del rotore) dia un risultato inferiore a 17 numeri per avere un vantaggio, ma questo dalle prove fatte non accade.

    Marco
     
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  7. Trevix
     
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    Grazie Marco, ho trovato molto esaurienti e confermanti le mie supposizioni le tue risposte.

    Interessante il discorso della media di 18,5.

    Spero in un alito di ottimismo di qualche utente ma penso che le mie aspettative sulla roulette fisica siano per sempre disattese.

    Ciaoo

    Trevix

     
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  8. costanzo
     
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    nella pubblicazione che ho postato, ad un certo punto si legge che la fisica ,secondo alcune correnti di pensiero, sia applicabile anche in contesti che sembrerebbero non avere niente a che fare con la fisica.
    stavo pensando se non fosse il caso di applicare lo stesso concetto anche per ciò che concerne la statistica.
    io per indole mi colloco tra i possibilisti, qualunque sia l'argomento in questione, non dò per scontato mai niente, fosse anche a riguardo degli asini volanti, non mi sento di escludere che tramite l'ingegneria genetica da qui a cinquant'anni non sia possibile davvero vederli volare.

    qui abbiamo un esempio di come pur parlando della stessa cosa,due persone come lupin33 e trevix,innegabilmente tra le più competenti in materia,tendano ad affrontare la questione su basi FILOSOFICHE differenti.
    indubbiamente entrambi dicono cose giuste e nessuno dei due ha torto.
    allora mi domando se non sia possibile unire le due filosofie e trarre il meglio da entrambe.

    stiamo per intrapendere un discorso assai difficile e complesso, per evitare di perderci nei labirinti che creeremo da qui in avanti, cosa impossibile da evitare data la vastità di argomentazioni che potranno nascere,proporrei di partire da alcuni punti fissi dai quali srotolare il classico filo di arianna.
    lupin, conscio dell'impossibilità per un essere umano normale di mettere a fuoco in modo preciso il numero in transito in corrispondenza di un punto fisso nello stesso istante in cui per lo stesso punto transita la pallina, ha aggirato l'ostacolo prendendo in considerazione i settori.
    una brillante soluzione che sono certo,ha spostato sia pur di poco, ( ma il poco in questa materia è un'infinità ) la percentuale dei colpi vinti/persi in suo favore.
    trevix dal canto suo,essendo partito dallo stesso punto di vista di lupin, ha concluso che la cosa migliore sia quella di catalogare i vari risultati possibili ottenibili nelle condizioni più frequenti e quindi nella maggior parte dei casi, in funzione di vari parametri.
    anche questa è una conclusione brillante e che sono convinto otterrà più o meno gli stessi risultati ottenuti da lupin.

    dopo queste premesse, stiamo finalmente pronti per varare il bastimento sul quale ci imbarcheremo e speriamo di navigare in acque tranquille e di approdare finalmente su una terra nuova e molto più fertile di quelle fino ad ora esplorate.
    poniamo di seguito i confini entro cui effettuare la navigazione.

    1) la fisica è l'unico mezzo che abbiamo per prevedere il settore di caduta della pallina con fondate speranze di prenderci in almeno il 51% dei casi.

    2) l'uomo normale non essendo in grado di mettere a fuoco in modo corretto gli eventi che accadono all'interno del catino dopo il lancio, ottiene dei risultati del tutto paragonabili ad un gioco casuale.

    3)il metodo utilizzato da lupin,sembrerebbe essere il più corretto basandoci sulle cose che sappiamo a condizione che possediamo doti visive notevoli o il tempo per poterle affinare.

    4) il metodo proposto da trevix, sembrerebbe il più logico per coloro i quali non possiedono le doti necessarie nell'applicazione del metodo usato da lupin.

    5) fusione dei due metodi per ottenere il metodo definitivo con il quale affrontare la roulette avendo senza troppa presunzione la certezza di battere il banco.

    MODUS OPERANDI
    A) rilevazione dei dati squisitamente fisici

    B) catalogazione degli eventi

    C) elaborazione dati ed applicazione statistica a tappeto in modo automatico

    prima cosa da mettere bene in chiaro e accettare incondizionatamente da parte di tutti: '' CHI TROPPO VUOLE NULLA STRINGE ''
    su questa base possiamo cominciare a porre i primi mattoni con la speranza che non crolli tutto il castello prima di averlo completato.

    cominciamo dal punto A e per il momento limitiamoci a quello, in seguito discuteremo degli altri punti, come fare i rilevamenti? perchè farli in questa maniera?
    è corretto farli in questa maniera?saranno dati affidabili? come fare a sapere se tali dati saranno attendibili? ed eventuali altre domande alle quali bisogna dare una risposta.
    con le risposte a questi quesiti, indirettamente diamo una risposta anche ai dubbi sollevati da marco1.
    in un precedente intervento avevo tentato di insinuare un dubbio, '' e se shannon e thorp avessero commesso un errore esagerando nella rigidità dei parametri usati per condurre il loro esperimento? ''
    qui marco1 sta parlando di un centesimo di secondo e di sommatoria delle velocità della pallina e del cilindro rivelandoci così il suo ragionare da matematico, incatenato alla convinzione scientifica, '' tutto ciò che non può essere dimostrato è falso ''.
    è sbagliato? io direi di no, però bisogna che anche lui accetti alcuni modi di procedere non propriamente ortodossi.
    nel libro contact da cui è stato tratto l'omonimo film, ad un certo punto il reverendo di cui non ricordo il nome architetta una specie di sfida con la scienziata ellye arroway, la protagonista, ( nel film impersonata da jodie foster ) l'oggetto della sfida è la fede.
    il reverendo crede in DIO anche se non può dimostrarlo in modo scientifico, la scienziata crede solo in ciò che può essere dimostrato scientificamente.
    al museo delle scienze di non ricordo quale città, si trovava esposto il pendolo di foucault e il reverendo dice alla scienziata di tirare indietro il pendolo fino a farlo appoggiare al proprio naso e di restare immobile fino a che questo avesse compiuto due oscillazioni complete. la scienziata accetta la sfida sapendo che il pendolo non potrà mai tornare allo stesso punto di partenza, ma all'orchè vede il pendolo avventarsi contro la sua faccia non può fare a meno di tirarsi indietro.
    quindi il reverendo ha dimostrato alla scienziata, che non essendo essa capace di fidarsi ciecamente delle leggi fisiche alle quali crede fermamente, non può mettere in dubbio le convinzioni del reverendo senza oltretutto poter provare il contrario.
    per chi volesse sapere qualcosa sul pendolo di foucault trova una spiegazione al seguente link:http://www.planetariodimodena.it/pendolodifoucault.htm
    dopo questa divagazione, riprendiamo da shannon e thorp e vediamo se si riesce ad ottenere dei risultati senza la necessità di fare le rilevazioni nel modo in cui le hanno fatte loro.

    il momento in cui avviene l'incrocio pallina/numero x sullo stesso punto fisso, non è altro che il risultato della sommatoria delle due velocità contrapposte pallina/cilindro.
    con partenza dallo stesso punto e con le stesse modalità e condizioni, un lancio effettuato in momenti diversi non può dare risultati diversi.
    quale deve essere il punto fisso da prendere in considerazione?
    senza dubbio il punto migliore è quello dal quale la pallina parte, perchè ci permette di eliminare la distinzione che facciamo tra lanci orari e lanci antiorari.
    quando la pallina tornerà sullo stesso punto dal quale è partita avrà percorso un giro esatto.
    la distanza tra il numero che si trovava al momento del lancio e il numero che si trova al momento in cui avviene il primo incrocio con la pallina sullo stesso punto fisso, è il risultato ottenibile attraverso un complicatissimo calcolo che noi evitiamo avendo la possibilità di sfruttare il risultato.
    shannon e thorp prevedevano il risultato elaborando i dati ottenuti attraverso rilevazioni elettroniche, ovvero il contrario di quello che abbiamo intenzione di fare noi.
    un esempio banale. una persona che percorre una strada sulla quale si trovano piantati 4 paletti numerati, che volesse sapere quanti paletti troverà lungo il percorso, non potrà fare altro che percorrere la strada e contare i paletti.se un'altra persona compie il percorso inverso e sull'ultimo paletto trova la dicitura paletto numero 4, ha indubbiamente un vantaggio enorme rispetto alla persona che è partita dalla parte opposta.
    quindi, ogni volta che la pallina si incrocia con un numero x sullo stesso punto fisso ci dà il RISULTATO di un'equazione molto complessa.
    le possibilità non sono infinite e quindi catalogabili.
    abbiamo da fare la rilevazione del numero che si incrocia con la pallina su un punto fisso dal momento in cui ci sarà possibile farlo, fino all'ultimo giro che compie la pallina.
    occorre la collaborazione di tutti coloro che sono interessati e possono partecipare.
    ogni persona che si reca al casinò avrebbe un compito ben preciso, rilevare il numero che si incrocia con la pallina ad un giro ben preciso.
    la persona 1 rileverà il numero che si incrocia con la pallina al primo giro ( se ci riesce ), la persona 2 rileverà il numero al secondo giro e così via fino alla persona 10 che rileva il numero al decimo giro e a quella che rileverà il numero del giro finale della pallina.
    evidentemente ogni persona dovrebbe rilevare gli incroci sullo stesso modello di roulette.
    alla prossima.

    ciao
     
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  9. Trevix
     
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    Uhm, Costanzo...hai riacceso il mio interesse grazie alla tua interessante disquisizione. E non per dovere di "riconoscenza" visto le parole di stima che mi tributi (non le merito).

    Da parte mia, Marco non me ne voglia, iniziero' le catalogazioni cui avevo accennato.

    Ecco in sintesi il mio modo di procedere:

    IPOTESI: Uno specifico impiegato ha degli stereotipismi caratteristici. Ogni impiegato puo' averne di regolari o di meno regolari. La classificazione di cio' (Impiegato R cioe' regolare e impiegato NA cioe' non affidabile) sara' stilata solamente su parametri presi a priori, con cio intendo che le uscite del numero non incideranno sulle mie valutazioni (sebbene le cataloghero' per secondi fini). Sapendo quindi che ogni impiegato ha delle determinate caratteristiche lo "studio" mira a verificare se esiste nesso fra tipo di impiegato e regolarita' di uscita di vari settori. Ovviamente i risultati saranno vagliati con i comuni metodi statistici.

    MATERIALE E METODO: Seguiro' roulettes di tipo classico spinte nei 2 sensi con catalogazione sinistrorsa e destrorsa distinte.
    Il peso della pallina verra' valutato dal numero di rimbalzi catalogati nel computo finale (Non ho motivo per credere che in uno stesso casino' utilizzino palline a peso diverso...speriamo).
    Un impiegato verra' classificato come stabile o meno in base a queste caratteristiche:

    1- Eta' ed esperienza. Ipotesi: maggiori sono questi parametri e maggiore sara' l'affidabilita' di inserimento nella categoria R. Purtroppo questo dato lo devo ricavare, per il momento, a priori. O meglio in base alle mie esperienze passate.

    2- Affollamento del tavolo: un tavolo affollato produce piu' nervosismo nell'impiegato che tendera' a lanciare la pallina piu' violentemente quasi a rendere l'evento uscita della pallina piu' aleatorio possibile (ragioni sconosciute ma osservato)

    3- Presenza di grossi giocatori: I grossi giocatori influenzano le velocita' di lancio della pallina giacche' quest'ultimi pensano (a torto) di venir favoriti da lanci deboli con piatto a velocita' bassa. E ovviamente i croupiers, allettati dall'idea di ricevere mance cospicue cercano di assecondarli.

    4- Orario: negli orari iniziali e finali delle giornate gli impiegati lanciano la pallina a velocita' discostanti dalla loro "routine".

    5- Noia e distrazione (parlare con i colleghi, guardare le ragazze che passano, etc): queste 2 variabili aumentano la probabilita' di avere impiegati di tipo R. (Non si focalizzano sul gesto di lancio che diventa ripetitivo).


    METODO: Cataloghero' le varie uscite in modo semplice: punto di partenza effettivo della pallina e numero uscito.
    La classificazione degli impiegati non terra' conto della costanza delle uscite (costanza apparente, intesa come scarto costante in una direzione) ma solamente in base a valutazioni di tipo soggettivo che ho sopra descritto.

    In un secondo momento si potra' fare un secondo studio che non tiene conto delle variabili di tipo R e NA. Si studiera' se a prescindere dal tipo di impiegato ci potrebbe essere un vantaggio giocando con le modalita' del mio metodo sulle triplette.


    Sprechero' tempo? Forse. Ma Noi Utenti ne abbiamo impiegato tanto e non ci siamo mai pentiti di averlo fatto.

    Suggerimenti, consigli, parametri ulteriori da aggiungere (nei limiti umani di classificabilita') saranno ben accetti da chi vorra' proporli.

    Ciaoo

    Trevix

    Dimenticavo una cosa: i lanci che si concludono in un rimbalzo "anomalo" cioe' pallina che sta per cadere in un settore ma fa uscire un numero nel settore opposto verranno considerati come "lanci normali" giacche' tale fenomeno rientra nella casualita' che "una volta danneggia e una volta aiuta... :) )

    Ciaoo

    Trevix
     
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  10. costanzo
     
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    x trevix,
    ti dico la mia opinione; secondo me esageri nella scomposizione così selettiva delle variabili.
    credo che a tenere conto di tutti quei parametri non riuscirai a finire mai.
    ad esempio io ho già cominciato a catalogare i lanci di alcuni croupier di campione e di altri di mendrisio.
    quelli di campione sono già 15 giorni che non li vedo più, idem per quelli di mendrisio, se ci aggiungi il tavolo affollato, la presenza di donne attraenti, di forti giocatori ecc...non te la cavi più.
    in base ai pochi dati che ho in mano, io farei la distinzione tra croupier R e NA e basta, te ne rendi conto in pochi lanci, prima però devi allenare l'occhio che già di per sè è abbastanza difficile, almeno per me.
    cosa importantissima da considerare è che le roulette sono poste in modi diversi e quindi nel corso della stessa serata, durante i cambi, i croupier cambiano roulette e si trovano ad effettuare i lanci con la mano destra sulle roulette che hanno il catino posto alla loro destra e con la sinistra sulle roulette che hanno il catino alla loro sinistra.
    io ti consiglio di fare i rilevamenti esclusivamente sulle roulette che hanno il catino alla destra del croupier. statisticamente la maggior parte della popolazione è destrorsa.
    un croupier che lancia con la mano destra e rientra nella categoria R, potrebbe facilmente trasformarsi in un croupier NA lanciando con la mano sinistra, va da sè che potrebbe succedere anche il contrario.
    questo è il motivo principale che mi ha portato a pensare che sia più conveniente unire statistica e fisica.
    ovviamente devi anche fare le rilevazione riguardanti il punto di partenza e di caduta della pallina e catalogare gli eventi.
    ciao
     
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  11. Marco1
     
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    Leggendo le considerazioni di Costanzo ho capito che ho dato un impressione sbagliata, cioè di colui che fa della teoria, assolutamente no, tutte le mie considerazioni nascono dal fatto che qualche anno fa su una roultte non professionale ma molto valida, una modiano in legno da 50 cm e con una telecamera analogica ma con un orruratore variabile fino ad un 500 esimo di secondo e con un fermo immagine che era migliore della mia attuale digitale, feci uno studio essenzialmente pratico, ed inoltre avevo una cassetta americana con la registrazione di un croupier professionale. Tutto quello che ho detto lo valutatai direttamente.

    Che il punto critico sia il rotore ne ho la certezza pratica e statistica e a questo proposito, quando fui contattato da konrad più di un anno fa, li dissi la mia considerazione, che senza una correzione della misura del rotore tutte le volte che avviene il lancio, la sua statistica sulla mano del croupier anche partendo dalla distanza reale dopo il lancio, non era sufficente. Ma non era un opinione, l’avevo provato. A quasto proposito Konrad dice che ha posto rimedio ( ma non so come).

    Ma anche detto questo, sono io che ho aperto questo post, ed è perchè non escludo che ci possa essere una via anche visiva, ma che non può passare dalle cose che personalmente ho gia verificato negative ai test reali.

    Di fondamentale importanza ritengo le seguenti cose: l’osservazione al casinò non serve a niente , anzi è fuorviante, si cade nel classico errore di un campionamento statistico e un analisi dei movimenti insufficenti, quello che ho visto con le prove dirette a casa hanno sconfessato totalmente quello che avevo pensato di capire al casinò. Io non posso più farle e per questo speravo in chi come Konrad e lupin sta facendo prove dirette.
    Secondo, non è sufficente prevedere la parte di rotore che si affaccia alla discesa della pallina se non si prevede anche con quale forza di rotazione si presenta il rotore.

    La pallina in genere ha tre soli modi di presentarsi al rotore, una discesa senza incontrare i diamanti, una discesa colpendo pieno il diamante verticale e per cui discesa perpendicolare ad esso, e urtando parzialmente il diamante, cioè montandoci sopra e progeguendo nella discesa.
    Questi tre modi agiscono maggiormente sulla posizione della discesa della pallina nello statore ma non sulla forza di discesa che rimane la stessa, determinata dall’inclinazione della parete dello statore e dal peso della pallina.

    Mentre, e qui casca l’asino, la velocità del rotore, anche con una variazione visivamente poco percettibile, quasi da considerarlo costante, urta la pallina generando un’incertezza molto elevata. Per intendersi la forza di quattro giri o quattro giri e mezzo non è la stessa, e anche se indovino la posizione di affacciamento rotore pallina, se non calcolo lo spostamento/forza rotore, non arrivo a niente di statisticamente sfruttabile. Prove fatte, non teoria.

    Marco
     
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  12. costanzo
     
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    perdonami marco, non intendevo dire che sei un teorico, e sapevo anche che non stavi parlando per sentito dire, ho sempre cercato di seguire attentamente i tuoi interventi anche se a volte sono stato un pò polemico, ma senza cattiveria, quindi so che ciò che dici poggia le basi su fatti concreti.
    io mi riferivo al modo di affrontare gli argomenti di cui trattiamo, con una mentalità prettamente scientifica, dai tuoi interventi appare chiaro che sei un tipo pragmatico, dotato di quel rigore analitico che solo i matematici per cultura e preparazione di base evidenziano in modo così eloquente.
    io ad esempio,quando sento dire che la statuina della madonna ha lacrimato sangue, non dico che ci credo ciecamente, ma qualce dubbio mi viene.
    il tuo ultimo intervento non fa che confermare ciò che dico.
    siccome il mio scopo è quello di insinuare il dubbio, '' shannon e thorp hanno messo troppo rigore scientifico nei loro test? '' , voglio parlare anche io di fatti concreti.
    la velocità del rotore, dalle rilevazioni mie personali, che gira a velocità normale, e per velocità normale intendo dire che visivamente non gira troppo velocemente nè troppo lentamente, chi ha avuto modo di osservare una roulette in funzione capisce subito quello che intendo dire, gira in un tempo compreso tra i 4 e i 5 secondi.
    da questo si capisce che in un secondo, rispetto ad un qualsiasi punto, si trovano a transitare dai 6 ai 10 numeri.
    quando la pallina va ad impattare una losanga, che sia verticale oppure orizzontale, parliamo di tempo e non di distanze, ci mette MENO di un secondo per arrivare all'incontro con il rotore e quindi a mio avviso fino all'impatto con il cilindro la pallina ha poche possibilità di FREGARCI.
    è qui che possono accadere le cose più imprevedibili a mio avviso.
    tornando ad uno dei paradossi della roulette, più losanghe ci sono più diventa facile prevedere un settore.
    il perchè lo si spiega con la realtà che la somma delle velocità pallina/cilindro determina qualla che è la variabile più imperscrutabile, il salto che la pallina compie.
    una pallina che va ad impattare il cilindro SENZA essere stata rallentata da una losanga ha più probabiltà di fare un salto di settore rispetto ad una pallina che è rallentata da una losanga.
    '' è più ampio il settore saltato a causa di un impatto a velocità elevata, rispetto ai numeri transitati in prossimità del punto di caduta di una pallina che sbatte su un diamante ''
    '' ciò che determina un salto più ampio rispetto ad un salto normale, è maggiormente imputabile alla velocità di una pallina che sbatte a velocità elevata sulla lamella divisoria posta tra due caselle che la differenza di velocità di mezzo giro del cilindro''

    io effettivamente mi baso su convinzioni mie, maturate nell'osservazione fatta direttamente al casinò.
    se tu dici che la rilevazione fatta attraverso osservazioni prive dell'ausilio di apparati elettronici sono inutili, accetto incondizionatamente quello che dici.
    voglio solo precisare ancora una volta la differenza sostanziale tra i due ragionamenti.

    tu rilevi tutte le reazioni provocate dalle diverse variabili per prevedere l'esito finale di un dato evento.

    io rilevo i dati post/iniziali nonchè l'esito finale, scommettendo sul fatto che in presenza di coincidenze tra i dati post/iniziali, l'esito finale sia simile/uguale nella maggior parte degli eventi.

    ciao
     
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  13. 1bit
     
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    Ciao
    il tiro si svolge in 3 fasi :

    1) Tiro, e quindi accelerazione iniziale.

    2) Decellerazione della pallina, che gira intorno allo statore fino a raggiungere un velocita angolare, non più sufficiente per contrastare la forza di gravita G. Questa Velocita angolare è fissa. Ovvero quando al pallina raggiunge quella determinata velocità inizia la discesa.

    3) Dal momento che la pallina stacca dallo statore ha sempre la stessa velocità e assume un moto cicloidale,ma da questo punto in poi possiamo considerarla come costante K, che bene o male può essere rappresentata statisticamente.

    Come dice costanzo :
    Presupponendo :
    Il rotore in moto rotatorio uniforme.

    Rilevando le distanze che si formano ad ogni giro rispetto a un punto fisso, riusciamo a elimianare il fattore tempo, infatti facciamo un rapporto tra velocità.

    Supponiamo di avere un errore umano = Er che comunque può essere contemplato come errore di lettura su uno strumento, il vero problema è capire quanto possa influire anche una sola casella quindi all'incirca i 10° il settore di caduta, oppure un 5° che corrisponde a mezza casella.A mio parere ci sballa tutti i calcoli e rende il gioco imprevvedibile, perchè la pallina si staccherà dallo statore da tutt'altra parte.

    Sarebbero interessante che qualcuno in possesso di roulette facesse alcune riprese con fotocamere digitali.

    Il vero problema non sono le losanghe, o altri elementi di disturbo, quelli si possono considerare come costante.
     
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  14. Trevix
     
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    User deleted


    Costanzo: ok per i tuoi consigli (in effetti con troppe variabili ci si perde...)

    E ancora bei posts sulla fisica "vera" dei lanci. Molto interessante.

    Ciaoo

    Trevix
     
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  15. Marco1
     
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    User deleted


    Leggendo anche la risposta di 1bit, evidentemente ho difficoltà a farmi capire, eppure mi sembra di esprimersi correttamente: io riporto già, delle esperienze proprio fatte filmando una roulette e analizzando i filmati, per l’ennesima volta ripeto che non ho opinioni personali ma riporto le cose come le ho registrate, e non ho la convinzione che si debba usare per forza l’elettronica, anche perchè non sono interessato a questa ipotesi.

    Speravo in una risposta di chi ha fatto uguale esperienza di filmati, anzi in maniera più approfondita e più professionale di me, come konrad, paul 55, lupin ( che ha risposto con il suo concetto, ma non sui dati che ho registrato e le mie perplessità, e mi interesserebbe un suo parere).

    Se la forza rotazionale del rotore non contasse niente ,quasi da ritenerla costante, nelle mie prove avrei ottenuto dei risultati ripetitivi selezionando quei filmati che affacciano il rotore al corridoio di discesa.

    Con il fermo immagine è ben visibile la casella e di conseguenza il settore di rotore che si affaccia alla pallina nel momento del distacco dalla sua rotazione e l’inizio del corridoio di discesa nello statore, quello che pensavo al casinò, cioè che bastasse determinare in anticipo questa condizione per avere un vantaggio, si è rivelata falsa nelle prove, la deviazione standard ritorna nelle medie casuali. Perchè si somma l’incertezza del tratto statorico che va dall’abbandono della rotazione all’atterraggio ( diamanti) più la spinta dell’urto del rotore.

    Poi ho capito il perchè, anche differenze minime della forza rotazionale del rotore porta i risultati ,analizzati in centinaia, a differenze non utilizzabili. Se invece si confrontano tra loro soltanto i dati registrati con gli stessi giri del rotore, selezionati con una precisione di più o meno tre caselle ( per capirsi, tutti i lanci che tra di loro hanno n. giri esatto al momento del distacco), si scende sotto 18 e quindi con un vantaggio.

    Ma per stabilire questa condizione come mano del croupier occorre trovare un robot invece che un essere umano.

    Marco
     
    .
50 replies since 21/6/2006, 08:23   5262 views
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